Si chiamano WeChat, Tango, Hike, Yuilop, Kik Messenger. Sono applicazioni che si scaricano sul cellulare liberamente, applicazioni che permettono di scambiare messaggi, foto, audio, video e ricercare contatti, anche fuori dalla cerchia delle persone conosciute. I ragazzi utilizzano  queste applicazioni per parlare tra di loro.

Inizialmente WhatsApp è stata la più popolare, poi le cose sono cambiate. In particolare perché su WhatsApp tutti possono vedere quando si è in linea, genitori compresi.  Delle altre chat invece, e questo è il punto, mamma e papà non ne sospettano neppure l’esistenza.

Aggiungiamo che i ragazzi amano “smanettare” sui loro cellulari e così, tra ricerche su internet e passaparola, non ci è voluto molto per scoprire l’esistenza di Hide It Pro, Vault, App Lock e quant’altro.

Un mondo di cui è necessario parlare, perché queste applicazioni sono in grado di sottrarre a qualunque controllo dei genitori foto, video, messaggi.

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Un mondo virtuale che virtuale non è

Le attività che i ragazzi svolgono in rete, hanno conseguenze tutt’altro che “potenziali” nella vita reale. La distinzione tra la vita online e la vita offline è un sempre un più grande fraintendimento. Sembra essere minima, ma non lo è affatto, in un intreccio tanto profondo quanto inedito.

Quando osservo i ragazzi nel loro modo di utilizzare internet, spesso mi trovo davanti a superficialità e leggerezza. Ad un pericoloso eccesso di fiducia verso lo strumento utilizzato e verso il prossimo, invisibile solo allo schermo, ma assolutamente presente, nella sua postazione e “nel mondo”. Proprio a causa di un “virtuale” inteso come “non reale”, i ragazzi abbassano la guardia e tendono a non applicare su internet quegli stessi atteggiamenti prudenti che hanno nei rapporti interpersonali. L’avvento dell’era digitale ha rivoluzionato stimoli e modalità dei ragazzi di oggi, rendendo la realtà che li circonda profondamente diversa da ogni passato.

Cambiando la natura e più ancora la modalità delle loro relazioni, sono mutati i concetti di vicinanza e distanza, il senso di intimità o di separatezza dagli altri.  Da una parte i genitori sono complici di questo meccanismo, perché mettono a disposizione dei figli un cellulare o un computer troppo presto. Lo fanno per agevolare un senso di vicinanza, per fornire uno strumento in eventuale emergenza, perché tutti lo fanno -c’è anche il fattore fenomeno di costume-. Se non che, oggi, un telefono cellulare e un computer sono molto di più di un oggetto per telefonare e di uno per scrivere. Sono veri e propri strumenti di comunicazione con un mondo intero.  La consapevolezza di questi elementi è necessaria e necessario è farsi le domande giuste, quando si dota un bambino o un adolescente di una porta d’accesso così grande a un mondo sconfinato. Il mondo “virtuale” di cui è figlio e di cui sa spesso molto più di genitori e adulti intorno a lui.

I rischi di questo presente digitale senza passato e in frenetico divenire sono concreti e forti.

Se esistono decine di programmi per condividere foto e nasconderle, per scambiare messaggi con altre persone, vuol dire che funzionano

Sempre di più, in questi anni, foto di giovanissimi condivise col cellulare hanno portato anche a conseguenze tragiche. I nuovi media rappresentano una grande opportunità per i nostri ragazzi, per la loro crescita personale e formativa. L’accesso a queste tecnologie è un diritto che dovrebbe essere garantito a tutti, ma  altrettanto dovrebbe essere garantita, ai ragazzi e alle loro famiglie, un’adeguata formazione riguardo a questi strumenti. Per garantire libertà e sicurezza nel muoversi in un ambiente digitale che non deve diventare antagonista alla realtà, tanto meno sinonimo di nascondigli e attività sotterranee.

È fondamentale garantire ai nostri adolescenti il diritto all’accesso, alla formazione e alla sicurezza di queste tecnologie, ma allo stesso tempo tenere in considerazione il problema alla radice di comportamenti azzardati: una parte degli utenti della rete, soprattutto i più giovani, non percepisce il pericolo o sembra non esserne totalmente consapevole. Questo atteggiamento sembra rispecchiare quello dei genitori. Otto su dieci lo hanno dichiarato ai ricercatori del progetto Eu Kids Online:

«È altamente improbabile che mio figlio possa imbattersi in una situazione spiacevole su Internet».

Secondo lo psicoterapeuta Gustavo Pietropolli Charmet:

«I genitori sono convinti che i loro ragazzi sanno fare meglio di loro sulla Rete, ma la loro tranquillità nasce anche dal modello educativo che punta tutto sulla socializzazione precoce: hanno bisogno di credere che i loro figli sanno cavarsela”.

Ma non sottovalutiamo che i ragazzi sentono un bisogno irrefrenabile di essere riconosciuti, per essere accettati. Mostrano l’esteriorità, riescono sempre meno a condividere la loro interiorità, forse anche perché il valore dell’immagine sta continuando la sua scalata ed è sempre più riconosciuto come un concetto più forte della parola.

I giovani di oggi sono spesso troppo sprovveduti rispetto alle problematiche legate all’affidabilità e credibilità delle informazioni che trovano sul Web. Più ancora, riguardo alle persone che incontrano nei luoghi virtuali: per questo motivo un’attenzione orientata ad offrire strategie di sostegno e di guida, nel rispetto della libertà dei ragazzi, potrà contribuire a tenerli lontani da possibili rischi se non in alcuni casi vere e proprie minacce.

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Nei miei incontri con i genitori sul tema della sicurezza in Rete, cerco di suggerire idee su come utilizzare internet per dialogare con i figli e di aiutarli a capire il modo per aggirare gli imprevisti.

Il mio intervento rivolto direttamente ai ragazzi, ha invece l’obiettivo di responsabilizzarli, aiutandoli ad utilizzare internet per orientarsi nel grande universo virtuale e per divertirsi senza far danni a se stessi e agli altri.

 

Vuoi organizzare un incontro per aiutare tuo figlio ad orientarsi in questa grande città virtuale? Scrivimi!

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© 2015 Erica Petrucciani, pedagogista a Pistoia.
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